Nella piane del fiume Sarno, durante tutto il lungo periodo dell’età del Ferro (IX- VI sec. a.C), visse ed operò una popolazione osca di origine pelasgica, i Sarrasti, i cui insediamenti erano caratterizzati da piccoli abitati formati di capanne, installate su isolotti circondati dalle acque del fiume Sarro (Sarno). Sarrasti dediti alla caccia, alla pesca e soprattutto all’agricoltura, seppero attirare coi loro prodotti, sia per mare sia per terra, genti di varia provenienza, (Etruschi, Greci ed altri), e beneficiare, così, di preziosi e variegati contatti umani. Durante il lungo tempo di protostoria dell’alta piana del fiume Sarno, i Sarrasti crearono un articolato insediamento perifluviale, favorito dai meandri del fiume, grazie a considerevoli interventi di canalizzazione e di aree paludose. Ciò comportò la formazione in leggera elevazione di vari “isolotti”, dove, sul suolo asciutto, vennero costruite capanne in legno, e non palafitte come da molti studiosi è stato erroneamente rilevato. Capanne composte anche da strutture recintate con mangiatoie, destinate all’allevamento degli animali. Virgilio nell’Eneide (VII, 738) la indicò col nome di “Sarrasti”, una tribù che la tradizione fa discendere dai Pelasgi che, nell’alta Età del Bronzo migrarono dal Peloponneso e si insediarono in gran parte dell’Italia Meridionale.
Queste popolazioni si stabilirono anche nella Valle del Sarno e ribattezzarono il fiume “Sarno” o “Sarro” in memoria di un altro fiume, il “Saron”, che scorreva nella madre patria da cui essi erano emigrati.
Dalle ricostruzioni fatte in base ai reperti ritrovati nell’area, i Sarrasti erano un popolo operoso, ricco e forte, rispettoso dei deboli e degli anziani.