Sabato 3 luglio 2021, facciamo una visita al “parco archeologico naturalistico di Longola” Sito a Poggiomarino in provincia di Napoli. Sapendo che c’è una visita guidata, così conosceremmo meglio la storia si questo luogo, “tra l’altro guida molto gentile e preparata”. Il sito archeologico di Longola è uno dei pochi in Italia. Racconta la vita, il commercio dell’età del ferro-bronzo.
Il parco Archeologico naturalistica di Longola, situata a Poggiomarino in provincia di Napoli. Nella valle del Sarno, ad est del Vesuvio. Gli scavi hanno messo alla luce un villaggio dell’età del bronzo, costruito su degli isolotti artificiali affiancati da canali navigabili in un’area paludosa. L’ambiente anaerobico ha permesso agli archeologi di ritrovare l’intera struttura degli isolotti e alcune piroghe in legno in un ottimo stato di conservazione. Gli importanti resti archeologici, sottoposti a intense campagne di scavo dal 2001, rivelarono una stratificazione di costruzioni, capanne e aree artigianali, appartenenti ad un periodo storico che interessa l’età del bronzo. Tra i resti più significativi sono da segnalare la struttura lignea degli isolotti artificiali, così come tre piroghe tagliate in tronchi d’albero perfettamente conservate. Come spesso accade, il sito fu scoperto per puro caso. Nel novembre del 2000, in diverse discariche.
Durante i saggi furono portati alla luce dei reperti di straordinaria importanza e una serie di abitati, sovrapposti l’uno all’altro, databili dal Tardo Bronzo (1000 a.C. circa) fino agli inizi del VI sec. a.C. attribuiti al popolo dei Sarrasti. La scoperta fu di grande importanza in quanto per la prima volta in Campania erano stati rinvenuti insediamenti di tale continuità e collocabili in una linea temporale così estesa: grazie a ciò fu possibile colmare la lacuna conoscitiva tra le fasi dell’età del Bronzo e la fondazione di Pompei.
L’insediamento, che avrebbe avuto probabilmente la funzione di porto fluviale sulle rive del fiume Sarno, era caratterizzato da tanti piccoli isolotti sostenuti da robusti tronchi di quercia piantati nel fondale melmoso in modo da consolidarlo. I bordi erano rafforzati da pali e paletti infitti verticalmente (successivamente sostituiti da travi squadrate) formando così una rete di canali navigabili. Il legno portato alla luce era in eccellente stato di conservazione e furono rinvenuti resti di capanne e di alcune imbarcazioni.
Dal ritrovamento di resti paleobotanici e paleofaunistici fu possibile ricostruire il contesto ambientale caratterizzato dalla presenza di boschi di querce e di abbondante fauna anche selvatica quali cinghiali, orsi, caprioli, cervi ecc. Il tipo di insediamento dimostra che gli abitanti del luogo avevano una buona conoscenza di ingegneria idraulica e una conoscenza dei materiali utilizzabili per costruire le abitazioni: la superficie degli isolotti era stata bonificata e rialzata varie volte durante il corso dei secoli utilizzando tecniche diverse. Per giunta, il rinvenimento di numerosi oggetti semilavorati di uso comune e i relativi scarti di lavorazione quali bronzo, ferro, ambra e pasta vitrea, confermava l’attitudine di questa comunità nella lavorazione di tali materiali e allo scambio di beni di prestigio.
Gli studiosi ipotizzano che la zona venne abbandonato a causa di un’alluvione avvenuta all’inizio del VI sec. a.C. e che proprio da questa migrazione unita a quella degli abitanti della valle superiore del Sarno potrebbero essere nate due importanti città della Valle del Sarno: Pompei e Nuceria.