La conquista del regno di Napoli, ad opera di Alfonso V d’Aragona, va inserita nel più ampio contesto
politico italiano della prima metà del XV sec., caratterizzato dalla formazione degli “stati regionali”
che determinò un’incisiva semplificazione dell’assetto politico-territoriale della penisola. Alfonso V
“il Magnanimo” fu incoronato re nel 1416, dopo la morte del padre, Ferdinando I (1412-1416),
fondatore di una dinastia – i Trastámara d’Aragona – di origine castigliana. A quell’epoca,
appartenevano ai possedimenti aragonesi anche la Sardegna e la Sicilia entrate a farne parte in tempi
diversi. La Sardegna era stata ceduta all’Aragona dal papato col trattato di Anagni, nel 1295, mentre
la Sicilia si era definitivamente staccata dal resto del Mezzogiorno – retto dalla dinastia dei conti
d’Angiò – nel 1302, quando la pace di Caltabellotta pose fine al lungo periodo di guerre – tra Angioini
e Aragonesi – iniziato con la rivolta del Vespro (1282): da quel momento la Sicilia costituì un “regno
autonomo” retto da un ramo collaterale della dinastia d’Aragona. Quando esso si estinse, nel 1409,
l’Aragona provvide all’annessione diretta dell’isola. Della corona d’Aragona facevano parte anche la
contea di Catalogna – incorporata dopo le nozze tra la regina aragonese Petronilla (1137-1162) e il
conte Raimondo Berengario IV (1131-1162) – e il regno di Valenza, sottratto ai Mori nel 1238. Nel
1435, alla morte della regina Giovanna II d’Angiò (1414-1435), Alfonso iniziò la conquista del regno
di Napoli, adducendo a pretesto l’adozione che la regina, priva di discendenza, aveva disposto in suo
favore. L’anno prima di morire, tuttavia, Giovanna aveva revocato l’adozione, designando erede
Renato, duca d’Angiò e conte di Provenza (1434-1480), potente vassallo del re di Francia con cui il
Magnanimo avrebbe dovuto fare i conti.
La dinastia
Inizialmente, la guerra di successione al trono di Napoli volse a favore di Renato d’Angiò che riuscì
ad insediarsi nella capitale del regno, contando sull’appoggio militare e finanziario dello stato
pontificio, della Firenze medicea, della repubblica veneziana e del duca di Milano, Filippo Maria
Visconti (1412-1447). Nell’agosto del 1435, sconfitto in una grande battaglia navale – al largo di
Ponza – dalla flotta di Genova – all’epoca sottomessa al Visconti – Alfonso fu fatto prigioniero e
consegnato al duca di Milano. Proprio in questa occasione avvenne un fatto tuttora inspiegabile: il
duca Filippo cambiò improvvisamente bandiera e si schierò dalla parte di Alfonso che fu liberato
dietro l’esborso di un riscatto di 30000 ducati. Lo Sforza mise a disposizione dell’aragonese il
potenziale militare del ducato di Milano e grazie a questa alleanza, nel giugno del 1442, le truppe
aragonesi riuscirono a penetrare nella città di Napoli, sfruttando i vecchi acquedotti, e costrinsero
Renato alla fuga. Il 26 febbraio del 1443, Alfonso fece il suo ingresso trionfale, per la porta del
Mercato, in quella che sarebbe divenuta la futura capitale dei suoi domini, su un carro trainato da
quattro cavalli, abbigliato da conquistatore romano, come si può notare dagli splendidi rilievi, di gusto
classicheggiante, dell’arco di trionfo marmoreo scolpito nelle mura del Maschio Angioino, opera
degli scultori dalmati Francesco († 1502), e Luciano Laurana († 1479) (BOX 1).
Una volta entrato a Napoli, Alfonso – I di Napoli – fissò nella città la sede del suo governo e non fece
più ritorno in Aragona.
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